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martedì 15 marzo 2016

Rischio Vesuvio FAQ 3. Piano di evacuazione assente! di MalKo




Vesuvio visto da sud


Nel 1986 una relazione dell’Osservatorio Vesuviano mise in guardia la Prefettura di Napoli circa la necessità che si approntasse un piano di evacuazione per proteggere gli abitanti della plaga vesuviana dal pericolo vulcanico dettato dall’arcinoto Vesuvio.
La Prefettura inviò alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Interno una nota in cui si caldeggiava la necessità di istituire una commissione che a tempo pieno si dedicasse alla problematica del rischio vulcanico. Diciamo che nel 1986 iniziò ufficialmente l’iter burocratico istituzionale per tentare di mettere in sicurezza i circa settecentomila cittadini del vesuviano.
La Protezione Civile supportata per la parte scientifica dalla Commissione Grandi Rischi, nel 1988 chiese al Gruppo Nazionale per la Vulcanologia (GNV) del CNR, di indicare i possibili scenari eruttivi che bisognava attendersi se il Vesuvio avesse posto fino alla sua quiescenza nel breve-medio termine.  Una prima relazione giunse nel 1990
Nel 1989 fu effettuata un’esercitazione di protezione civile ipotizzando un evento sismico di origine vulcanica con epicentro nell’abitato di Ercolano. L’esercitazione fu un disastro, al punto che la Prefettura di Napoli scrisse il 07.12.1989 ai competenti Ministeri, che in assenza di programmazione e interventi tecnicamente validi, le 700.000 mila persone dimoranti nell’area vesuviana, in caso di eruzione vulcanica non avrebbero avuto alcuna via di scampo.
Il 05.09.1991 il Ministero per il coordinamento della Protezione Civile istituì una commissione incaricata di stabilire le linee guida per la valutazione del rischio connesso a un’eventuale eruzione del Vesuvio: linee sostanzialmente finalizzate alla pianificazione d’emergenza. Il rapporto finale di detta commissione giungerà al Ministero il 04.10.1992.
Con nota del 29.06.1993, la Prefettura di Napoli sollecitò le autorità di Protezione Civile acché si formasse una commissione incaricata di redigere nel più breve tempo possibile un piano di evacuazione dell’area vesuviana.
Il 09.08.1993 il Sottosegretario di Stato alla Protezione Civile istituì la commissione incaricata di redigere un piano d’emergenza a fronte di una possibile eruzione del Vesuvio. Il folto consesso tecnico scientifico si insediò il 24.09.1993 stabilendo quelle famose linee guida su cui procedere.
Visto la complessità delle operazioni di pianificazione dell’emergenza vulcanica, il Sottosegretario in data 09.03.1994 emanò un decreto di proroga dei lavori fino al 30.04.1995, approvando il 13.06.1994 un ulteriore finanziamento per le varie attività della commissione per un totale di 1.303.469.870 di vecchie lire. Al 1995 si ascrive la prima bozza di piano d’emergenza.
La commissione incaricata di redigere il piano adottò come scenari di riferimento quelli indicati nella relazione scritta dal gruppo vulcanologico (199o), successivamente integrata da un aggiornamento datato febbraio 1998 a firma del Prof. Roberto Santacroce.
Il piano d’emergenza dicono che fu riassemblato nel 2001 e aggiornato nel 2007 dopo la sopravvalutata esercitazione MESIMEX (2006). In realtà decreti e aggiornamenti vari si succederanno nel tempo, e dal piano di emergenza si strappano e si aggiungono pagine ma sempre all’interno delle strutture di competenza, cioè nei cassetti delle scrivanie, rendendo evidente l’unico dato certo per quanto sconcertante e inoppugnabile, cioè che a 30 anni di distanza dalle prime segnalazioni di rischio incombente, il piano di evacuazione invocato dall’Osservatorio Vesuviano nel 1986, a tutt’oggi (marzo 2016), è ancora in itinere…

·        Cos’è il piano di emergenza?
Il piano d’emergenza è un documento che generalmente viene redatto dall’autorità preposta alla salvaguardia dei cittadini che, nel caso di una scuola s’identifica nel direttore didattico, in una fabbrica col datore di lavoro e in un comprensorio comunale con il Sindaco. Nel nostro ordinamento quando i rischi e gli scenari prospettati travalicano i territori comunali o comunque si prospetta la necessità di una mobilitazione nazionale per rispondere all’emergenza, il Dipartimento della Protezione Civile assume un ruolo leader d’indirizzo e coordinamento delle varie strutture e amministrazioni dello Stato che a diverso titolo sono coinvolte o coinvolgibili. Quella del Vesuvio, come abbiamo avuto modo di dire più volte, è l’unica pianificazione che in Italia si fregia del titolo di piano nazionale.
Il primo elemento che funge da premessa al piano d’emergenza, è l’individuazione dei pericoli. Nel caso del Vesuvio, il piano d’emergenza prende in considerazione un solo ed unico e grande fattore di rischio: l’eruzione. Non valuta altri rischi! Se la scienza avesse la possibilità di prevedere con certezza il tipo di eruzione, probabilmente il piano d’emergenza conterrebbe più scenari di rischio e, quindi, più soluzioni tecniche per difendere la popolazione dal pericolo vulcanico. Se avessimo la possibilità di prevedere il tipo di eruzione, probabilmente riusciremmo a prevedere anche quando avverrà l’eruzione: purtroppo questo traguardo che attiene le sconosciute profondità terrestri, non è stato ancora raggiunto…
I livelli di allerta vulcanica contenuti nel piano di emergenza.
In assenza di qualsivoglia previsione, il piano d’emergenza dovrebbe svilupparsi sull’evento massimo conosciuto, nel nostro caso invece, è stato elaborato sulla scorta della massima eruzione statisticamente preventivabile nel breve-medio termine che, come abbiamo visto nella FAQ numero 1, è un’eruzione d’intensità VEI 4 similmente sub pliniana.
Attraverso le energie ipotizzabili per un’eruzione VEI 4, è stata determinata la zona (rossa) su cui si abbatterebbero le fenomenologie vulcaniche peggiori, costituite in primis dai flussi piroclastici. Dalle nubi ardenti non c’è difesa che tenga, e l’unica possibilità di salvezza consiste nell’abbandonare, nel nostro caso attraverso una massiccia evacuazione, la zona a rischio prima dell’eruzione.
I tipi di eruzione rapportati al fenomeno dei flussi piroclastici
Quindi, il piano di emergenza Vesuvio doveva essere un tutt’uno con questo fondamentale annesso chiamato piano di evacuazione. Se mancano le istruzioni per evacuare, il piano di emergenza rimane un’accozzaglia di notizie anche tecnicamente interessanti ma senza senso, o se volete, senza alcuna utilità operativa.
Nelle scuole, negli ospedali, sulle navi e aerei e fabbriche e musei e tribunali, sono affisse piantine a colori in cui sono evidenziati i percorsi di fuga per raggiungere un luogo sicuro. Quelle piantine in realtà sono il piano di evacuazione sintetizzato a tutto vantaggio degli ospiti, gli utenti, i degenti, i visitatori o i viaggiatori occasionali a cui non interessa il piano di emergenza (un malloppo di carte), bensì semplicemente il percorso evacuativo per mettersi in salvo all’occorrenza. Navi e aerei  prima della partenza, devono spiegare ai passeggeri in che modo si evacua l’aeromobile o il transatlantico e non l’organizzazione di bordo…
Classico schema di piano d'evacuazione
Vedete questa piantina affissa ad oggetto lo schema d’evacuazione forse di uno studio professionale? Ebbene, sotto forma di stradario dovrebbe essere posta parimenti all’ingresso dei comuni vesuviani, perché anche il visitatore occasionale o il turista deve sapere quali sono i percorsi da seguire all’occorrenza a piedi o in auto per allontanarsi dal pericolo.
Nell’area vesuviana non c’è mai stato un piano di evacuazione, ma solo un piano di emergenza che racchiude come più volte detto tutte le notizie scientifiche e organizzative e tecniche. Per anni l’equivoco tra piano di emergenza e piano di evacuazione ha tratto in inganno tutti, anche se tra questi tutti bisognerebbe distinguere quelli che hanno rassicurato in buona fede e quelli che sull’equivoco ci hanno marciato e campato a lungo e altri ancora, anche di ruolo istituzionale, che sull’argomento hanno mantenuto uno stretto e rigoroso riserbo.
Le istituzioni competenti ancora nell’odierno giustificano questi ritardi  incolpando l’inerzia dei predecessori secondo il collaudato sistema dello scaricabarile.
L’attuale consulente della protezione civile regionale, Dott. Nello Di Nardo, ha affermato in una conferenza stampa che non bisogna far polemiche con le passate gestioni, ma dobbiamo impegnarci al massimo per recuperare il tempo perduto e ammodernare adeguatamente la complessa macchina della Protezione Civile campana. Cominceremo in primavera, dopo oltre dieci anni di paralisi, con le esercitazioni intercomunali da effettuarsi nelle zone vulcaniche a rischio …
Un’altra redditizia giustifica agli inadempimenti istituzionali l’hanno individuata negli scenari eruttivi che cambiano, mentre in realtà nessuna rivoluzione ha percorso gli atti scientifici, tanto più se la zona rossa ad alta pericolosità vulcanica è addirittura risultata meno vasta della precedente, con l’eruzione di riferimento che rimane come prima una sub pliniana.
La struttura nazionale di coordinamento, leggasi Dipartimento della Protezione Civile, non si capisce perché di fronte all’annosa inadempienza dei municipi troppo impegnati con le pratiche di condono edilizio, non abbia operato in surroga o commissariando, atteso che il diritto alla sicurezza è imprescindibile e inalienabile.
Nel 2014 grazie ad alcuni fondi europei, sono stati elargiti ai 550 comuni della Regione Campania 14 milioni di euro per finanziare la messa a punto del piano di protezione civile comunale. La massima cifra è stata destinata ai comuni ricadenti in zone vulcaniche.
Entro il 31 dicembre 2015 ogni municipio campano avrebbe dovuto presentare il piano di protezione civile comunale e, quindi, quelli in area vesuviana anche i piani di evacuazione a fronte del rischio Vesuvio. La nota stonata in questa faccenda dei piani che ci lascia molto perplessi, è il ricorso di alcune municipalità a gare pubbliche per affidare a professionisti e studi associati esterni, il gravoso compito della stesura di tale documento che andava soffertamente elaborato dai manager comunali. Eppure qualche anno fa sono stati pubblicizzati e tenuti corsi di formazione per i tecnici comunali addetti alla protezione civile in area vulcanica proprio per la compilazione dei piani d'emergenza. Abbiamo provato a chiedere maggiori ragguagli al dirigente regionale alla protezione civile Ing.  Italo Giulivo, purtroppo non ha mai ritenuto doveroso rispondere…
Intanto bisogna pure dire che anche importantissime trasmissioni televisive e radiofoniche di punta, così come alcune note riviste scientifiche, hanno celebrato e celebrano ancora oggi la bontà del piano d’emergenza quale strumento di tutela dei cittadini vesuviani.
Ad ogni buon conto, anche il migliore dei piani di evacuazione non esiste se non è conosciuto dagli utenti cittadini. Occorrono quindi vademecum che dovranno essere consegnati ad ogni famiglia del vesuviano. Senza informazione capillare la bontà del piano di evacuazione potrebbe essere compromessa, perché basta un solo autoveicolo che marcia nella direzione sbagliata a far saltare la delicata e stretta viabilità che caratterizza i comuni vesuviani.
Mappa di classificazione dei bisogni dei cittadini
Nel vademecum dovranno essere riportate oltre alla strategia evacuativa, ovvero mappe a colori indicanti percorsi e aree d'interesse, anche quelle notizie di prima utilità, tipo:
  • In che modo saprò a quale livello di allerta vulcanica ci troviamo?
  •  Nella fase di preallarme le scuole saranno aperte?
  •  Se vado via durante il preallarme sarò giustificato al posto di lavoro?
  • Nella fase di preallarme se decido di andare via a quanto ammonta il contributo    di autonoma sistemazione?
  • Dove deve portarsi chi non ha un mezzo di locomozione?
  • Se si passa dal preallarme all’allarme durante la notte chi mi avverte?
  • Se vado via a quale numero telefonico posso segnalare la mia partenza o richiedere informazioni?
  •  Ecc.…
La strategia informativa è determinante e dovrà basarsi sicuramente sulle possibilità offerte dal web, ma soprattutto è di vitale importanza la collaborazione di volontari selezionati e formati che distribuiranno i vademecum porta a porta e risponderanno alle domande dei cittadini. Già: i cittadini, non dovrebbero essere sudditi ma titolari di qualche diritto, come quello di essere informati. Ovviamente come sempre succede, i primi canali informativi dovranno essere i luoghi di aggregazione ad iniziare dalle scuole, dove fino ad oggi esperti di rischio vulcanico hanno raccontato... cos'hanno raccontato?














2 commenti:

  1. Grazie Signor Malko!
    Ma, ecco cosa penso: Il complesso vulcanico dell'Epomeo-CampiFlegrei-Vesuvio è attiva! Finora non è possibile, lo scoppio di prevedere con precisione! Etna 20151202 e Calbuco 20150422 hanno dimostrato che i vulcani eruttano senza segnali riconoscibili tempestive. Un calcolo della progressione di una diga dalle profondità, non c'è. Una determinazione approssimativa della data di insorgenza non è ancora possibile.
    Così troppo poco tempo per l'evacuazione dopo l'individuazione di un focolaio. Questo è micidiale!
    E la natura dello scoppio, nessuno può prevedere. Dal momento che il diritto di Dobran. Dato che il magma, ma fuori deve, rimane solo uno studio per fare, come la prossima eruzione potrebbe essere indotta artificialmente e ridotto al minimo.
    I migliori auguri!
    Chiedo scusa per la cattiva traduzione! Grazie!
    "Hans-Hermann Uffrecht" o "Vesuvio dove andiamo" o "Vesumboli"

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  2. Nonostante quasi tutti i comuni abbiano prodotto qualche nota al riguardo, si ribadisce che il piano di evacuazione sarà una realtà operativa unicamente quando tutti i comuni delle zone rosse a rischio vulcanico consegneranno ad ogni nucleo familiare il vademecum sul come comportarsi al passaggio dei vari stati di allerta vulcanica compreso quello di allarme che comporta l'obbligo evacuativo. Fino a quel momento sarà tutto un pourparler...

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malkohydepark@gmail.com