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venerdì 2 settembre 2016

Rischio Vesuvio: la situazione è tutta sotto controllo…di MalKo

Vesuvio in fiamme - agosto 2016

Le trasmissioni televisive e radiofoniche ma anche la maggioranza dei giornali e delle riviste pure scientifiche, prevedono un uso politicamente strategico e allineato del linguaggio mediatico, mettendo al primo posto il principio non scritto che la notizia innanzitutto non deve allarmare. Teoria molto cara ai prefetti…

Con queste premesse, difficilmente tali testate giornalistiche riusciranno a trattare nel senso più ampio del termine, argomenti particolarmente rilevanti come il rischio Vesuvio, perché nella nostra Penisola non è diffuso il giornalismo d’inchiesta che rimane una nicchia da terza serata. D’altra parte noi siamo il popolo dei tengo famiglia… Ne consegue che assistiamo sovente alla rappresentazione mediatica dei rischi esattamente come ce li propongono e ripropongono personaggi e strutture in posizione di potere o di comando, che utilizzano i media compiacenti come cassa di risonanza per minimizzare il pericolo e propagandare come il meglio del meglio le loro scelte tutte vertenti sul principio strategico bene occultato dei costi benefici, sfoderando ampio ottimismo a spese degli altri. Alla stampa e alla televisione allora, viene demandato il compito di propinare la messaggistica del “tutto a posto!”, palesando il pieno controllo della situazione da parte delle istituzioni tecniche e scientifiche del nostro Paese.

Questo modo arrendevole di fare giornalismo, aiuta solo a nascondere la verità, che invece dovrebbe essere buttata nuda e cruda al di là dello schermo televisivo, come pane quotidiano della democrazia partecipativa. Il giornalismo investigativo ha un ruolo contributivo cruciale per il sostentamento della democrazia e della libertà di espressione e di denuncia e di controllo della classe politica e dei boiardi istituzionali; certamente prevede lo scotto di qualche rinuncia in termini di simpatia e perdita di favori, a tutto vantaggio però, dei valori umani che, certo e capiamo, non fanno cassa.

Non sono pochi quelli che preferiscono essere il punto di riferimento degli addetti stampa delle varie segreterie dei vari enti e istituzioni e amministrazioni, pubblicando spesso solo veline compiacenti che il fax o le mail gli depositano direttamente sulla scrivania, poco ingombra e prevalentemente utilizzata a mo’ di poggiapiedi, in un contesto odoroso di caffè con l’aria condizionata che marcia a pompa…

Generalmente nel nostro Paese i pochi giornalisti che si danno al giornalismo d’inchiesta, non sempre riescono a centrare l’obiettivo principale che si propongono, cioè la divulgazione della verità, perché questa possono rivelartela solo fonti confidenziali o un grande lavoro investigativo, ma anche in questo caso è richiesta un’affannosa attività di ricerca delle prove documentali o testimoniali. La verità quindi è una primizia che giunge sulla scorta di conoscenze personali e poi particolari, ma soprattutto è il risultato ultimo dello studio e della comparazione di una moltitudine di documenti che vengono intrecciati e poi sovrapposti e poi verificati e poi incolonnati secondo schemi e metodi oggettivi e soggettivi, per essere poi offerti ai lettori sotto forma di new sui loro sofisticatissimi super computer tascabili, da cui non alzano lo sguardo perché oramai attaccati e ipnotizzati alla rete globale, che macina milioni di notizie al minuto sugli affari privati dei nostri pseudo amici. Ciò che scorre è già obsoleto...

Il giornalista di punta dicevamo, opera confrontando e incrociando dati scientifici e politici e amministrativi, scovando gli evasori della verità uno per uno. Il risoluto uomo della stampa o anche dei blog o dei programmi televisivi di denuncia sociale, alla fine riesce a individuare gli angoli più oscuri del sistema che ci governa e ci amministra e ci protegge in nome di una realpolitik non dichiarata, che non sempre coincide con i principi di libertà e di democrazia dei popoli…

Molti degli aspetti che regolano i processi legati ai rischi e alle emergenze e alla protezione civile e alla prevenzione e all’operatività e al terremoto e al pericolo vulcanico li conosciamo bene, e tentiamo ogni strada per divulgare questi argomenti che partono dalla scienza geologica e arrivano poi alla politica e alla tecnica operativa e alla sociologia e all’antropologia e alle istituzioni e alle università e agli enti pubblici e di volontariato, ecc.

Il rischio vulcanico deve fare i conti con una massa enorme di persone che cercano, generalizzando, la panacea della rassicurazione anche minimamente convincenti, e mal digeriscono una verità sbattuta in faccia che gli pone la necessità innanzitutto di pensare prima ancora che agire. La verità è uno strumento democratico di prevenzione dei rischi...

Un po’ di giorni fa guardavamo un filmato prodotto e mandato in onda da Rai New 24: “seduti sul vulcano”, a cura di Gerardo D’Amico. Dopo una decina di minuti sui generis, vediamo per la prima volta la Dott.ssa Francesca Bianco, la nuova direttrice dell’Osservatorio Vesuviano, che illustra ciò che rimandano gli schermi della sala di monitoraggio della sede INGV napoletana.

Il documentarista D’Amico passa poi alla domanda clou indicando in una gigantografia aerea l’urbanizzazione inusitata che circonda il Vesuvio: ma in caso di eruzione tutta questa popolazione che fa? La direttrice Bianco risponde senza un attimo di esitazione: c’è un piano d’emergenza e c’è un piano di evacuazione… La rapidità della mendace risposta, induce a ritenere possibile che esista un prontuario dell’informazione televisiva sul rischio vulcanico a cui tutte le istituzioni devono attenersi, secondo una scaletta scritta e riscritta da tempo, votata al concetto mediatico che insieme si con-vince…

Appena oltre e nello stesso filmato, il cauto ingegnere Italo Giulivo dirigente della protezione civile regionale Campania, afferma in contro tendenza, che si è in attesa che i comuni vesuviani e flegrei provvedano alla redazione e alla consegna dei piani comunali di protezione civile e nella fattispecie che i comuni “vulcanici” individuino a livello comunale la viabilità evacuativa. Un discorso quindi tutto al futuro…

Il 30 agosto 2016 invece, è la volta della trasmissione della La7 a proporci nell’ambito del programma “L’aria d’estate”, un superbo consigliere della Regione Campania per gli affari della protezione civile, dott. Aniello Di Nardo, che alla domanda del conduttore ad oggetto il Vesuvio: << zona rossa 672.000 persone: in quanto tempo riuscite ad evacuarle?>> Risponde così :<<in 72 ore! >>. Incalza allora l’intervistatore: << in coscienza lei ci crede?>> Risposta: << Il piano è fatto benissimo e ci credo>>. Nello stesso filmato e dopo qualche minuto, viene interpellato sempre l’Ing. Italo Giulivo con quest’altra domanda: << Quanto tempo ci vuole per testare il piano? Risposta:<< Sicuramente dei tempi lunghi…>>.

All’effervescente governatore della Campania Vincenzo De Luca gli saranno fischiate le orecchie, tant’è che dalle pagine dei giornali con sicumera ha affermato che tra settembre e ottobre dovranno chiudersi i piani di evacuazione per il rischio Vesuvio e Campi Flegrei (Corriere del mezzogiorno 30/08/2016). Che cosa evacua allora il consigliere Di Nardo in 72 ore?

A fine agosto hanno scoperto che il comune di Pompei non ha un piano di evacuazione a fronte del rischio Vesuvio (corriere del mezzogiorno 29/08/2016). Verità agghiacciante ma per chi? Il piano di evacuazione non ce l’ha nemmeno Torre del Greco, il paese mediano da 100.000 abitanti, ma neanche Boscoreale…  La cronaca dice che sono circa 135 i comuni campani che non hanno provveduto a stilare il piano di protezione civile comunale, e tra quelli che lo hanno prodotto bisognerà ancora verificare la bontà e la qualità del documento cartaceo di salvaguardia.

Campi Flegrei. Il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia, nell’articolo riportato dalla testata giornalistica online ReportWeb.tV dichiara:<< Mai fino ad oggi era stato redatto un piano comunale di emergenza così dettagliato, né Pozzuoli aveva avuto un Centro Operativo Comunale come quello che abbiamo realizzato a Monterusciello: una struttura all’avanguardia, capace di servire anche di altri comuni…>>. Senza rendersi evidentemente conto di quello che dice aggiunge:<< Riguardo al Piano di allontanamento della popolazione-Rischio Vulcanico, o piano di esodo, come da direttive del Dipartimento della Protezione Civile, analogamente al Piano Vesuvio, l’aggiornamento di tale pianificazione è e resta di competenza della Regione Campania, su indicazioni e d’intesa col Dipartimento stesso…>>.  L’affermazione sembra sottintendere che Pozzuoli sta aspettando che il piano di evacuazione comunale glielo faccia la Regione…

Nelle storie che si inseguono e che stupiscono, annoveriamo pure quella narrata dal noto settimanale l’Espresso, che riferisce che all’interno del comitato operativo della Protezione Civile riunitosi per vagliare il da farsi in seguito al terremoto del 24 agosto, sieda Bernardo De Bernardinis, ex braccio destro di Bertolaso, che proprio a seguito di alcune inopportune rassicurazioni sul terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009 venne condannato dalla corte aquilana. 

Nello stesso articolo ad oggetto il terremoto che ha devastato il centro Italia, viene riportato con una certa enfasi che:<<nel caos delle prime ore, si è rivelato fondamentale l'intervento dal cielo degli elicotteri dei pompieri>> che, trasportando squadre specializzate, hanno reso possibile il salvataggio di 215 persone estratte dai cumuli di macerie.

Quest’ultima notizia è in controtendenza con quella che proviene dal napoletano, dove è stato siglato un accordo, cioè un protocollo d’intesa tra il Parco Nazionale del Vesuvio e il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). In caso di esigenze di soccorso e salvataggio nell’ambiente montano, forestale e pedemontano e impervio dell’arcinoto Vesuvio, bisogna formulare richiesta di aiuto digitando i numeri 331 4597777 a cui corrisponde l’utenza telefonica della organizzazione CNSAS campana. In assenza di risposta, bisogna procedere chiamando il primo dei soccorritori reperibili…

Il soccorso tecnico urgente in Italia fino a questo accordo doveva essere istituzionalmente assicurato su tutto il territorio nazionale, ad eccezione del mare, dai Vigili del Fuoco componendo il numero telefonico 115. La Regione Campania invece, con propria delibera n° 247 del 07/06/2016, riconosce nei volontari del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), i reali soggetti di riferimento da utilizzare per le azioni di salvataggio e recupero nel soccorso in montagna. Quindi un’operatività che va ben oltre il prestigioso circuito vesuviano.

Vigili  del Fuoco - Addestramento in montagna

Il Soccorso Alpino (CNSAS) riceve non solo finanziamenti di base, ma gli accordi prevedono un rapido rimborso delle spese a cura della Regione Campania per ogni intervento effettuato. I Vigili del Fuoco hanno in forza ai nuclei elicotteri personale specializzato per il soccorso in montagna e zone impervie (SAF), e tra l’altro intervengono entro pochi minuti dalla chiamata (115) e in ogni angolo dell’Italia Campania compresa.  C'è in gioco una extra territorialità? Qualcosa in termini economici e organizzativi e di garanzie per i cittadini non torna vero? La nostra impressione è che si confonda il ruolo istituzionale di un Corpo dello Stato con una organizzazione di volontariato che discende da un famoso Club Alpino.  

Vigili del Fuoco (SAF) - addestramento in montagna
I dirigenti dei Vigili del Fuoco avrebbero dovuto sobbalzare e tracciare un confine netto tra prerogative e competenze di un Corpo istituzionale dello Stato rispetto alle associazioni di volontariato. I Vigili del Fuoco danno a volte l'impressione che all'interno del Ministero dell'interno contino quanto Fantozzi davanti al mega direttore...ovviamente quando non ci sono emergenze.  Allora parliamo di rappresentatività altalenante...

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